Il sociale […] penetra l’essenza più interna della personalità individuale”
(S. Foulkes)
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Proprio ieri commentavo di come alcuni fatti “sociali” ci riguardino direttamente come psicoterapeuti. Sempre ieri, infatti, accadeva che l’ente preposto alla raccolta di rifiuti ingombranti del mio comune non abbia rispettato l’appuntamento di ritiro e che dei concittadini abbiano cercato di rendere una discarica personale il punto di raccolta concordato, ché l’importante è che i rifiuti siano lontani dalle loro dimore (ma poco importa se vicino a quelle altrui). …Come ciò possa riguardare la psicoterapia è forse poco intuitivo, ad uno sguardo superficiale. In realtà, è per me fondamentale pensare come la natura della mente umana sia gruppale, sociale!

Il gruppo, diceva Foulkes, è la matrice della vita mentale dell’individuo!

Motivo per cui tali accadimenti mi riguardano come cittadina ed anche come professionista della cura. Ma come ciò entra nella stanza di terapia con me e i miei pazienti? Andiamo con ordine.

Partiamo dal dire col mio professore Girolamo Lo Verso che la “storia” e la personalità di ognuno sono co-costruite da tutti gli elementi del campo micro e macro-gruppale in cui egli “esiste”:

“La soggettività ha inizio ed evolve all’interno delle relazioni transpersonali individuo-famiglia-collettivo”.

Esiste infatti una sorta di matrice sovra-personale e sovra-ordinata rispetto al singolo che definisce il rapporto di ciascuno col mondo. In gruppoanalisi la chiamiamo “transpersonale” (S. Foulkes; letteralmente “oltre il personale”), proprio per sottolineare che essa va “oltre”, “oltrepassa” (dal latino “trans”) il livello del singolo individuo. Nello specifico, il termine indica come i processi gruppali e le esperienze collettive (passate e presenti) che essi contengono possiedano la qualità di “passare attraverso” gli individui, permeandone il mondo interno e le personalità.

Per dirla senza tecnicismi, il transpersonale è quella “storia” e “cultura” collettiva che fonda la nostra identità più intima senza che il nostro livello cognitivo riesca a concettualizzarla. Esso è infatti un fenomeno inconscio: l’individuo è inconsapevole della sua fondazione sociale! Al contrario, ritiene di essere un soggetto assolutamente singolare ed originale.

Per i nostri pazienti è in effetti difficile pensare che i loro problemi siano collegati alle dinamiche politiche, alle questioni climatiche, ai valori economici.

  • “Dice davvero dottoressa? Io sto male anche perché esiste Salvini che mostra che si può fare e dire tutto?” o “perché c’è un’etica della realizzazione perfezionistica e competitiva per cui o sono perfetto o sono fallito?”.
  • “E come influisce questo sistema politico nella mia incapacità di pensare a chi sono?”.
  • “Che c’entra il regime economico attuale con la mia inadeguatezza di madre?”.
  • Secondo lei sono così stressato perché non posso non pensare solo al lavoro e se dovessi pensare ad altro non ci sarebbe oramai più niente? Ma tutti quelli che conosco sono così…”.
  • “E mi scusi, ma se io a 46 anni ho sentito il desiderio di avere un figlio e oramai non ci riesco, perché dobbiamo chiederci da dove viene il problema? Non è tutto solo dentro di me?”.
  • “…Ah quindi somatizzo anche perché in questo sociale c’è uno spazio poco edificante per le emozioni negative? E il fatto che io non mi fidi più del mio prossimo potrebbe essere collegato all’idea di ‘distanziamento sociale salvifico’ indotta dalla pandemia?”.
  • “…Non ci credo proprio! …Cioè, la mia identità dipenderebbe dagli altri?!?”.

Frequenti sono frasi simili o stupite riflessioni vicine a questi esempi di fantasia.

Per molti di coloro che frequentano i nostri studi, i codici attuali, le appartenenze, i regimi economici e mediatici, le culture… non sono collegati ad es. agli attuali valori competitivi, alle nuove inadeguatezze sociali, ai desideri iperprestazionali, visuali, goderecci e di controllo totalitario. Una paziente, partecipando contemporaneamente a 7 o 8 concorsi, diceva: “sono in tranche agonistica, non posso essere stanca!”. Certo, la norma prevede che stiamo sempre sul pezzo, che la cultura e la formazione siano tra le nuove lobby da abbracciare (insieme alle aziende di tamponi), che non ci fermiamo mai, che stiamo sempre a macinare-macinare-macinare: cibi, abiti, soldi, sostanze varie, vacanze top, culture prêt-à-porter, tapis roulants, master, lavori e corpi da vetrina 7 su 7 e 18 ore su 24. Tutto “normale”, attuale, culturale. Non c’è possibilità che non lo si regga (“se non mi laureo in tempo, non importa il motivo, significa che non sono normale!”, dice F.)… Ed ecco che sorge il mal-essere!

Nel lavoro clinico assistiamo infatti alla dolorosa esplosione di solitudini, disturbi d’ansia, impossibilità a sentirsi adeguati, di neo-famiglie disequilibrate, di relazioni sfilacciate e o violente, di disturbi psicosomatici muti, di personalità fragili o, al contrario, borderline e narcisistiche alla ricerca dello sfruttamento dell’altro e del godimento… per dirne solo alcune. La patologia psichica, d’altronde, segue l’evolversi dei tempi.

Nostro compito di curanti è quindi anche interrogare il mondo che viviamo e chiederci con i nostri pazienti come non solo la famiglia d’origine, ma anche questi sistemi micro e macro-sociali interferiscano col benessere, con la salute psichica. Infatti, se il gruppo è la matrice della vita mentale, anche la salute e la malattia appartengono alla rete relazionale dell’individuo e non unicamente al singolo.

Nel cercare di alleviare il mal-essere dei nostri pazienti, è dunque fondamentale adottare uno “sguardo” circolare e non riduzionistico sui fenomeni umani. Importante comprendere da dove vengano certi modi di stare nel mondo, certi valori e certe sofferenze, e aiutare così i nostri pazienti stessi a comprendere ciò che esiste già ed a cambiarlo in funzione del ben-essere.

E’ vero infatti: “ὁ ἄνθρωπος φύσει πολιτικὸν ζῷον”: “L’uomo è per natura un animale sociale” (Aristotele). Esiste un solidissimo e continuo ponte tra individualità e collettività. L’una sta nell’altra e viceversa, perciò non curiamo nulla senza curare anche l’altra!

Per questo, occuparci dell’Altro, del mondo sociale, dei concittadini che inquinano e incendiano il mondo, significa per noi fare clinica e psicologia in modo complesso!

 

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BIBLIOGRAFIA

Giannone F., Lo Verso G. (1999), “Il self e la polis, il sociale e il mondo interno”, Franco Angeli, Milano

Foulkes S. H. (1976), “La psicoterapia gruppoanalitica. Metodi e prinicipi”, Astrolabio, Roma

Lo Verso G., Di Blasi M. (2011), “Gruppoanalisi soggettuale”, Raffaello Cortina, Milano.