Una coppia matura, una di quelle che guarda insieme nella stessa direzione, deve svolgere dei compiti di sviluppo funzionali alla sua crescita.

Possiamo individuarne principalmente di 3 tipi:

1) Compiti di sviluppo nei confronti dell’Ambiente Esterno:

– Condividere le relazioni amicali;
– Trovare uno spazio per le amicizie individuali;
– Supportare e valorizzare l’impegno sociale del partner.

2) Compiti di sviluppo come Figli:

Il matrimonio coinvolge non soltanto i coniugi, ma anche le famiglie d’origine. E’ infatti necessario che la coppia si impegni per trasformare le relazioni e per rimodulare le distanze con le rispettive famiglie. In particolare, la coppia dovrà:
– Realizzare un equilibrio tra lealtà verso i genitori e lealtà verso il partner;
– Operare la differenziazione e il distacco dalle famiglia d’origine, pur restando consapevole di quali aspetti delle rispettive famiglie è importante conservare;
– Definire confini di coppia chiari e permeabili; è questo un requisito indispensabile affinché la coppia trovi una propria unità e intimità. Infatti, sia l’interruzione dei rapporti con le rispettive famiglie sia l’invischiamento con esse rimandano a problemi irrisolti coi propri genitori che si ripercuoteranno sulla neo-famiglia. Solo chi ha raggiunto una buona individuazione e separazione dalla propria famiglia d’origine è in grado di aprirsi a una nuova relazione, conservando allo stesso tempo un legame positivo (che sia non un vincolo, ma una risorsa!) con i genitori.
Bisogna qui sottolineare che non è soltanto la nuova coppia che deve regolare la distanza-vicinanza con la famiglia d’origine; anche queste devono operare dei cambiamenti nei loro modelli relazionali, elaborare il movimento di uscita del proprio figlio e accettare l’esclusività del rapporto tra i giovani coniugi.

3) Compiti di sviluppo come Coniugi:

– Costruire una nuova identità di coppia;
– Creare un rapporto di reciprocità e mutuo rispetto;
– Prefigurare un progetto generativo, contribuendo così a dare continuità alla storia familiare;
– Negoziare sui vari aspetti della vita, imparando a gestire insieme eventuali problemi di adattamento e di organizzazione quotidiana (es.: gerarchie, ruoli, compiti, regole, spazi, regolazione delle distanze), la Comunicazione, l’ascolto, i conflitti e la loro stessa relazione.

La relazione di coppia è infatti al contempo:

  • complementare (ci sono 2 ruoli diversi, ma su piani paritari);

  • simmetrica (relazione tra 2 partner sullo stesso piano).

Attualmente, in una coppia sana i primi 2 tipi di relazione si alternano, con diritti e doveri, ruoli e funzioni definiti in modo sempre più paritario e flessibile in base alla fase del ciclo di vita della coppia. Al contrario, in una coppia disfunzionale non c’è flessibilità e ci si cristallizza su una delle 2 polarità o su modalità asimmetriche (relazione tra persone poste su piani diversi).

Uno spazio particolare merita qui la gestione dei Conflitti, poiché essa è dei compiti più difficili per la giovane coppia. Cigoli parla del matrimonio come di uno specifico “contesto conflittuale”; bisogna, però, sottolineare che il conflitto può essere:
Costruttivo, se avviene in un contesto relazionale cooperativo e aperto al nuovo;
Distruttivo, se avviene in un contesto competitivo e tende a mettere in discussione aspetti vitali come l’autostima o la definizione del potere nella relazione.

Spesso, soprattutto nelle prime fasi del matrimonio, possono essere messe in atto strategie di evitamento del conflitto per cercare di preservare un clima idilliaco. Tuttavia, a lungo andare ciò si rivela disfunzionale, in quanto si creano argomenti non elaborati e tabù di cui non si può parlare. Il risentimento ed il disaccordo che ne derivano possono essere espressi solo indirettamente, attraverso manifestazioni di disagio; ciò conduce alcune coppie a scontri aperti ed a sentimenti negativi anche su questioni di scarsa importanza.

I conflitti distruttivi possono scatenare delle vere e proprie escalation, ovvero delle interazioni prive di una conclusione costruttiva, che non portano alla soluzione del problemi, ma che finiscono per sfinimento. Per altro, alla prima occasione in cui la questione si ripresenta, la coppia mette nuovamente in atto le medesime dinamiche, ancora una volta senza arrivare a una soluzione positiva; la discussione si trasforma in una vera e propria lotta, in cui il contenuto cessa di avere importanza: ciò che conta è solo prevalere sull’altro.

Anche entro coppie funzionali che però nel tempo si irrigidiscono, ad es. con ruoli immutabili pur non più adeguati alla situazione presente, il conflitto aperto è impossibile, bloccato sul nascere per via delle premesse fondative della relazione (= mito dell’unione familiare). In questi casi, si struttura un crescente senso di frustrazione che può dare vita anche a accadimenti improvvisi e violenti o a sensi di estraniazione.

Questi 3 modelli disfunzionali tendono ad auto-perpetuarsi. Per uscire da questo circolo vizioso è allora necessario che i partner imparino a comunicare anche in merito alle loro disfunzioni relazionali, cercando di accettare e comprendere il punto di vista dell’Altro.

Se la coppia riesce ad assolvere a questi compiti, possiamo affermare che essa creerà quella felice condizione in cui 1+1 non fa 2, ma “una famiglia”!

In caso contrario, nel tempo la coppia diventerà sempre più disfunzionale, fino allo “scoppio” di un sintomo. Quel membro della famiglia che esprime il disagio di tutto il nucleo è detto “Paziente Designato”, in quanto è appunto colui che è “designato” dal gruppo a mettere in luce una qualche problematica ed a manifestare l’andamento negativo della situazione familiare, su cui si rende a quel punto necessario intervenire.

Amare non è guardarsi l’un l’altro, ma guardare insieme nella stessa direzione”
(Antoine de Saint-Exupéry).