A. è una donna di 60 anni che vive una deflessione dell’umore generata da varie “situazioni grilletto”: un linfoma e un corpo trasformato dalla radioterapia, diversi lutti, un’elevata conflittualità con la famiglia d’origine per  eredità mai risolte. A. sembra dolce e paziente. Si presenta in sovrappeso, poco curata, rime labiali e palpebrali in giù, tono di voce monocorde, mimica leggermente rallentata; si protende sulla scrivania appoggiandovisi di peso, quasi reificando col corpo la sua richiesta di aiuto.

Racconta di soffrire d’insonnia, ma di dormire spesso di giorno e di indossare anche per due/tre giorni di fila il pigiama, di non si sentirsi gratificata dalla sua vita presente e passata, di avere molti rimpianti ed una sensazione di anormalità, di irregolarità: il figlio che lavora fuori, le liti continue coi fratelli, i genitori morti precocemente,…

Ma questo non ci dice ancora tutto di lei. A., infatti, è la maggiore di una famiglia numerosa, rigida (seppur affettiva) e di sani principi. I genitori, gran lavoratori, la responsabilizzano fin dalla più tenera età: lei è la più grande, ha il dovere di badare ai fratellini, non sempre si può giocare! A. sa che è giusto così, che deve essere obbediente e buona e pensare innanzitutto alla famiglia. Così, cresce aiutando la mamma con i fratelli e le sorelle, lava, cucina, rinuncia alla privacy: occuparsi di altro è pensato come “sbagliato”. Poi si sposa e lascia l’università per metter su una famiglia tutta sua.

Nel tempo, la sua famiglia d’origine va incontro a tanti lutti, a delusioni reciproche e a molte liti. Di fronte a ciò, A. si sente responsabile, ma anche impotente e sconfortata e vive nel doloroso ricordo della sua famiglia idilliaca. Per questo si è molto trascurata ed oggi è infelice… Il cancro le ha insegnato cosa è veramente importante; ciò nonostante, è stanca, disillusa e non sa proprio come recuperare il tempo perduto.

 

Cosa affligge A.?

La sua diagnosi è di “depressione”, “[…] una condizione dell’anima che si registra quando il mondo circostante non ci dice più nulla e il mondo immaginifico, quello dei nostri sogni e dei nostri progetti, tace avvolto da un silenzio così cupo e impenetrabile da impedire anche il più timido degli sguardi che osi proiettarsi nel futuro” (U. Galimberti).

La depressione, diceva Indro Montanelli, “è una malattia democratica”, nel senso che colpisce tutti, senza distinzioni geografiche, antropologiche, di età o di ceto sociale. L’Organizzazione Mondiale della Sanità afferma che è la seconda malattia più diffusa al mondo dopo l’infarto. Inoltre, è il più diffuso tra i disturbi mentali: si stima che ogni anno si ammalino di depressione circa 100 milioni di persone (O.M.S., 1999; qui altri dati).

Secondo i manuali diagnostici, essa si caratterizza:

  • per uno stato di tristezza profonda (diversa da quella “normale” poiché non è proporzionale agli eventi di vita reali);
  • per la riduzione o perdita dei propri interessi, affiancata da intensa sofferenza e dalla diminuzione dell’iniziativa e della partecipazione sociale.

Questo disturbo coinvolge quattro aspetti fondamentali del funzionamento di ogni individuo:

  1. Affettività: il depresso si trova in una condizione di tristezza, pessimismo e scoraggiamento; non c’è più capacità di desiderare, di sperare, ma anche di provare emozioni: “Il depresso è incapace di provare gioia, così come è incapace di provare dolore. La depressione è l’assenza di ogni tipo di emozione […]” (E. Fromm). Il paziente è apatico e non prova nessun piacere; anche la vita relazionale è compromessa: l’affettività si scolorisce sempre più e si esperisce un vissuto di desertificazione interiore.
  2. Cognizione: la maggior parte delle funzioni cognitive subisce un rallentamento; l’eloquio è povero e stentato e c’è un forte senso di confusione mentale, con difficoltà a formulare i pensieri e ad esercitare attenzione, concentrazione e memoria. L’individuo non è abitato da pensieri speranzosi, ma di auto-svalutazione, di colpa e di perdita, di disastri e a volte anche di morte.
  3. Psicomotricità: la persona depressa si presenta stanca, sofferente e con un rallentamento generale, ad esempio nella gestualità e nella mimica.
  4. Funzionamento somato-vegetativo: anche il corpo è molto implicato nei disturbi depressivi; sono spesso presenti astenia (mancanza di forza), diffusa sensazione di malessere fisico, cefalea, disturbi digestivi e alterazione dell’appetito (inappetenza o iperfagia), disturbi del sonno (insonnia, risveglio precoce o ipersonnia), perdita del desiderio sessuale e simili. Il disturbo depressivo fiacca anche la funzione immunitaria, diminuendone l’efficacia!

 

Ma cosa trasforma una persona vitale in un individuo depresso?

Come nel caso di A., spesso il disturbo dipende dal combinarsi di diversi fattori, tra cui principalmente un Sé fragile, eventi di vita difficili (ad es. lutti e perdite) ed un ambiente infantile insicuro; questi elementi possono aumentare la vulnerabilità della persona nei confronti di situazioni stressanti, difficoltà ed esperienze dolorose. Può così svilupparsi un disturbo che si articolerà, col passare degli anni, attorno ad un Sé mancante e difettuale, meritevole di rifiuti e di fallimenti. Queste persone sono costantemente ed “inspiegabilmente” infelici, hanno una bassa autostima e grossi sentimenti di colpa e di inferiorità: “mi succedono brutte cose perché me le merito”; o, come racconta A., “perché non sono stata capace di risolvere le cose!”. Sono tuttavia molto sensibili e donative: empatizzano con la tristezza, comprendono le ferite altrui, tendono ad aiutare gli altri, cercano la vicinanza e si oppongono alla perdita.

Quella che definiamo “depressione” è dunque una modalità di esistenza pregna di sofferenza che spesso affligge persone piene di risorse nascoste, attente più all’Altro che a sé, affettive e donative che meriterebbero un sano ed “egoistico” “risveglio”.

 

(La storia di A. e della sua cura continua QUI!)